Una collana contraccettiva per le donne africane: scelta o coercizione?

E’ una collana con 32 grani: il primo è rosso (ad indicare il primo giorno di mestruazione), altri 6 marroni (ad indicare il periodo non fertile), 12 bianchi (ad indicare il periodo fertile) e ancora 13 marroni. La collana (http://cyclebeads.com/) è un’originale versione del metodo anticoncezionale naturale Ogino Knaus ed è distribuita in Africa alle donne che, per motivi religiosi non vogliono ricorrere alla contraccezione ormonale.

Il progetto è promosso dalla PSI (Population Service International), che si presenta come “un’organizzazione globale no-profit dedicata al miglioramento delle condizioni sanitarie nei paesi in via di sviluppo…” e che, introduce e promuove, in collaborazione conla Bayer , i metodi contraccettivi quali pillola, spirale, impianti sottocutanei e preservativi, nei paesi africani.
Oltre a promuovere la pianificazione familiare, la PSI è impegnata a combattere le minacce sanitarie che colpiscono i paesi in via di sviluppo quali AIDS/HIV, malaria, diarrea, polmoniti e malnutrizione, grazie anche ad aiuti governativi di varie nazioni, dal Global Fund to Fight Aids e da varie compagnie private, tra cui la casa farmaceutica Pfizer, presente in Africa dal 1993, ma, la cui trasparenza, in passato, è stata messa in discussione da pesanti accuse.
Questo metodo porta dei reali benefici?
Il metodo della collana contraccettiva è, senza dubbio, un buon metodo per istruire le donne sulle basi teoriche del ciclo mestruale femminile, offrendo una maggiore comprensione del suo funzionamento.
La sua affidabilità contraccettiva dichiarata è del 95% in utilizatrici con cicli regolari che vanno dai 26 ai 32 giorni. Con cicli irregolari, infatti,il metodo diventa rischioso.
Il problema sta nel fatto che, le donne, raramente, presentano un’ovulazione sempre al 14esimo giorno (teoria alla base del metodo) e l’ovulazione è un processo delicato che viene influenzato da vari fattori, tra i quali malesseri, stress fisici e psicologici e alimentazione non equilibrata.
Possiamo presurre che, nella maggior parte delle donne africane, soprattutto in quei paesi dove il metodo viene diffuso, requisiti per una vita sana e tranquilla – fondamentali per un ritmo mestruale regolare – non vengano adeguatamente soddisfatti.
Già negli anni ’50, era stato introdotto il metodo alle donne Indiane; ma i risultati furono deludenti. Variazioni nei cicli mestruali di queste donne resero il metodo impraticabile, per non parlare del fatto che, spesso, il metodo non veniva usato adeguatamente o, peggio, venivano attribuite alla collana proprietà magiche, credendo che, la sua sola presenza, potesse prevenire il concepimento (Johanna Schoen, “Choice & Coercion: birth control, sterilization and abortion in public health and welfare”, p. 226)
La collana non viene venduta da pesonale medico o in farmacia ma è facilmente acquistabile nei negozi non specilizzati (fonte). Questo è, da una parte, un fattore positivo, in quanto la donna può provvedere alla contraccezione in modo autonomo e discreto ma, d’altro canto, la solleva dal consulto medico che, trattandosi di un metodo contraccettivo naturale non adatto a tutte, risulta quasi doveroso.
Il vero problema dell’Africa
Imparare il funzionamento del proprio ciclo mestruale, prevenire gravidanze indesiderate e provvedere coscientemente e autonomamente alla contraccezione è il diritto di ogni donna. Chiaramente, la scelta contraccettiva deve essere ponderata, consapevole e informata e va a rispecchiare i bisogni della donna e della coppia. Per operare la scelta giusta l’informazione deve essere chiara e trasparente e nessuna imposizione, nè fisica nè ideologica dovrebbe essere permessa.
Ma, spesso, questi presupposti non vengono rispettati e, la donna, si ritrova a far compromessi con un metodo che non rispecchia i suoi reali bisogni, solo perchè imposto dalla società, dai media, dal compagno, dalla famiglia, da scarse informazioni o informazioni fuorvianti o da ideologie religiose.
E’ ciò che accade a moltissime donne africane. Convertitesi ormai alle più diffuse religioni monoteiste, a molte è vietato l’uso di metodi contraccettivi che non siano quelli esclusivamente naturali, compreso il preservativo.
Un simile divieto, molto probabilmente, non va ad incidere troppo su donne di altri paesi ma, in Africa, non esageriamo se diciamo che può essere una questione di vita o di morte.
Infatti n
ei paesi dell’Africa subsahariana vi sono circa 25-28 milioni di persone infette da HIV, più del 60% di tutta la popolazione malata di aids e più dei tre quarti delle donne!
Allora, viene da chiedersi, quanto valga la morte di milioni di persone all’anno, di uomini, donne e bambini rispetto a un’ideologia?
E lo stesso vale per chi, in quei paesi, promuove, inspiegabilmente, i contraccettivi ormonali.
La questione, è lampante, esula dal buon senso e dalla razionalità.
Sorgono spontanee le seguenti domande.
Perchè viene permesso tutto ciò?
Esistono dei reali benefici per la donna africana da queste campagne di emancipazione contraccettiva?
Fonti:

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