La settimana dal 16 al 23 maggio è nota come SMAR, “Semaine Mondiale pour l’Accouchement Respectè”, ovvero la Settimana Mondiale del Parto Rispettoso.
Quest’anno il tema principale è “Birth Trauma, Birth Pleasure” (Parto Traumatico, Parto Piacevole). Mentre l’anno scorso si è parlato dell’aumento dei parti cesarei nel mondo.
In Germania sempre più bambini vedono prima un bisturi della luce del mondo: la quota di nascite con parto cesareo è aumentata dal 15 al 30%. La causa principale è l’aumento dell’età delle madri.
Con l’aumento d’età aumenta il rischio di sovrappeso nella madre e, di conseguenza, anche nel bambino a causa della sovralimentazione. La testa e le spalle risultano più larghe, rendendo difficoltoso il parto naturale. Tuttavia, nello stesso periodo, è diminuita la percentuale di nascite con ventosa, dal 5.6 al 4.8% e la percentuale di nascita con forcipe è scesa dal 2.6 allo 0.7%
Ma anche gli altri paesi seguono questo trend, Italia compresa.
“Le mamme vanno sensibilizzate durante la gravidanza sul valore del parto naturale e sui rischi e le controindicazioni del cesareo, cui ricorrere solo se necessario” spiega il ministro per le pari opportunità e ospite della tavola rotonda al Palazzo del Consiglio comunale di Napoli, promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da), in collaborazione e con il sostegno dell’Organizzazione Mondiale sella Sanità (OMS).
“I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dicono che, mentre in Europa i parti cesarei si assestano su una media del 15-20%, in Italia siamo al 38%. Occorre capire quali possono essere le strategie per eliminare questo divario, per il benessere delle madri e dei loro bambini”.
“Vogliamo chiedere un impegno concreto alle istituzioni, agli ospedali e alle donne stesse per ridurre l’incidenza dei parti con taglio cesareo”, precisa Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da. “Ls gravidanza e la maternità devono essere tutelate. Solo se questo non è possibile, nell’interesse del nascituro o della donna, si ricorre al parto cesareo. Non è così in Italia, dove il cesareo è quasi la prassi. E’ necessario identificare i motivi specifici che portano a questo eccesso.
Servono campagne di informazione che promuovano la naturalità del parto…”.
“La richiesta dell’OMS di contenere il ricorso al cesareo nel 15% de parti”, puntualizza il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma, “è rispettata da alcuni paesi europei come Olanda e Francia e, se superata leggermente, può essere il segnale di una popolazione femminile più anziana che tende a partorire oltre i quarant’anni. Ma, quando i numeri sono quelli italiani, è il segnale di una patologia del sistema”.
Il motivo del suo elevato ricorso, in particolare al Sud, è da ricercarsi nell’organizzazione delle strutture che preferiscono orientarsi verso il parto cesareo, anche senza una reale necessità.
“Molti cesarei sono determinati anche da un’eccessiva cautela da parte del medico, specialmente nei casi in cui la struttura sanitaria non è adeguata” continua Ricciardi. “Dato che la maggior parte delle strutture non tutela il medico in caso di complicazioni, questi preferisce evitare problemi legali ricorrendo direttamente al cesareo. E la donna opta per il cesareo per gli stessi motivi. La situazone, però, porta a delle conseguenze sia in termini di salute (dolore post-operatorio, ricorso al cesareo anche per i parti successivi), sia economici (degenza più lunga). Ci vorrà tempo per modificare questo malcostume, ma qualcuno si è già mosso, come l’Ospedale San Leonardo Castellamare di Stabia – Nuovo Gragnano, che ha ridotto il ricorso ai parti cesarei dal 60 al 19%”.
I rischi dei bambini nati con parto cesareo
“La linea indicata dall’OMS, di contenere il ricorso al cesareo nel 15% dei parti”, spiega Mario Merialdi, Dipartimento di Salute Riproduttiva dell’OMS, “si basa su dati disponibili nel 1985, quando questa percentuale fu indicata da un convegno di esperti come la soglia oltre la quale è difficile trovare una giustificazione medica al suo aumento. Si tratta di un dato da interpretarsi a livello di popolazioni e ospedali che assistono gravidanze a rischio e possono ovviamente registrare tassi più alti. Tuttavia, se nei 25 anni intercorsi dalla data del convegno a oggi, trend demografici, sociologici e culturali possono spiegare ragionevoli divergenze dal tasso del 15%, l’aumento progressivo che si è riscontrato in molti Paesi negli ultimi anni desta preoccupazione a livello mondiale. Studi hanno mostrato un aumento dei rischi per la madre e il bambino associati a un ricorso eccessivo al taglio cesareo”. Per fare un esempio, i bambini nati con taglio cesareo sembrano correre un maggior rischio (di circa l’80%) di avere l’asma rispetto a quelli venuti al mondo con parto naturale. Ricercatori olandesi del National Institute for Public Health di Bilthoven hanno effettuato uno studio su circa 3 mila bambini, seguiti fino all’età di otto anni. La spiegazione, secondo l’ipotesi degli scienziati, è che nascendo in modo naturale il neonato viene necessariamente in contatto con batteri presenti nella vagina: in questo modo il suo sistema immunitario ha la possibilità, in un certo senso, di allenarsi e modularsi meglio (nelle allergie, le difese immunitarie reagiscono in maniera eccessiva nei confronti dei pollini, scambiati per nemici). Nel parto cesareo, invece, l’esposizione ai batteri avviene più tardi. “Questi dati non vanno ignorati se si vuole garantire un percorso di nascita il più possibile normale ed esente da rischi”.
I rischi per la donna che ricorre al cesareo
Rispetto al parto tradizionale, il parto cesareo può incrementare i rischi per la donna. Oggi molte scelgono il taglio cesareo perché temono il dolore del parto, non considerando le complicazioni che potrebbero minacciare la loro salute.
In generale, una donna che ha sostenuto un cesareo ha spesso un tempo di ricovero più lungo rispetto a una donna che ha avuto un parto tradizionale. Analogamente, una donna che ha avuto un cesareo è più a rischio di emorragie e infezioni all’utero e alla ferita. Seppur raramente, durante l’intervento o nel decorso post-operatorio possono sopraggiungere complicanze, anche gravi, quali lesioni di strutture in prossimità dell’utero (per esempio danno vescicale), lesioni dell’utero o malattia trombo embolica. I dolori post intervento sono maggiori dopo il taglio cesareo e può essere necessaria la somministrazione di un maggior quantitativo di antidolorifici o di antibiotici nel caso di infezione. Per quanto riguarda l’allattamento, purtroppo, una madre che ha avuto un parto cesareo può avere maggiori difficoltà, poiché in alcune circostanze quello al seno avviene tardivamente. Infine, le cicatrici chirurgiche sull’utero possono portare a una minore elasticità dell’organo stesso, che può essere in difficoltà per una successiva gravidanza.
Fonti:
-“Bild der wissenschaft”, 03/2010
– “Panorama”, 01/2009
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