Pensiero, Etimologia e Simbologia della Femminilità

Relazione tenuta da Sara Rassech in occasione della conferenza, presso il Palazzo della Gran Guardia, del 18 gennaio 2013.
Sara Rassech è nata a Verona e laureata in Filosofia, organizzatrice di mostre ed eventi culturali.
Da anni scrive per varie testate giornalistiche su argomenti di cultura, spettacolo, socio-psicologia e fertilità femminile.
 
Etimologia


La donna mestruata vive in sé un mistero, poiché nel nascondimento del suo grembo c’è la possibilità di concepire e quindi di dare la vita.

Infatti, la parola mhysterios contiene il termine hysterionche in greco significa utero.

La ciclicità delle mestruazioni pone in evidenza la coscienza dello scorrere del tempo, per questo motivo la donna percepisce meglio dell’uomo il mutamento ed il divenire, scandito anche dalle fasi lunari ed ormonali del ciclo mestruale.

Il termine latino mens che può significare mente, pensiero e quello grecomen, menosche significa mese e misura, ricordano etimologicamente il termine “mestruazione”. Infatti, nel periodo del sangue la donna è più incline alla riflessione e al pensare. Con l’inizio del nuovo ciclo, la donna è pronta a rinnovarsi, a concentrarsi su se stessa per elaborare quei cambiamenti necessari per migliorare la propria vita. Lo scorrere del tempo viene recepito dalla donna come la possibilità di cambiare, di rigenerarsi, pur rimanendosi fedele a se stessa e alla propria identità.


Oltre ad hysterion, anche il termine greco metrasignifica utero, da qui vi è un rimando alla parola metro che indica l’unità di misura. Nel caso della donna il ciclo mestruale segue, appunto, le fasi del mese lunare.

Dal termine metra deriva anche la parola madre nelle varie lingue:

Mother (inglese), Mutter (tedesco) e Mère(francese).


Pensiero filosofico


Nella filosofia, soprattutto in quella antica, il pensiero era di tipo androcentrico. Aristotele affermava la superiorità dell’uomo sulla donna, in quanto l’uomo è attivo e dà forma, mentre la donna è passiva e materia plasmabile. Socrate nel Simposio di Platone sostiene ci sia un ambito in cui la donna ha più dimestichezza dell’uomo ed è il Tà Erotikà, ovvero “le cose d’amore”. Infatti, la dotta ignoranza socratica che si può riassumere con la sua celeberrima affermazione: “so di non sapere”, ammette la propria ignoranza, la verità emergerà se la coscienza verrà interrogata. Diotima, sacerdotessa di Mantinea, inizia Socrate all’amore. La donna è, quindi, custode della relazione, poiché nei sentimenti non è importante la facoltà raziocinante dell’uomo, ma occorre essere in contatto con la parte più emotiva e più folle. Le madri comprendono i vagiti dei loro figli perché li amano non perché siano logicamente comprensibili.

La donna, pertanto, differisce dall’uomo, ma non deve vivere questa diversità come un limite, ma come un punto di forza.


Nel libro Luna Rossa, Miranda Gray illustra e descrive alcune fiabe che celano in sé allegoricamente dei chiari rimandi alla fertilità e al percorso che ogni donna affronta nel passaggio dall’infanzia alla vita adulta.

La saggezza e gli insegnamenti venivano tramandati oralmente attraverso fiabe e racconti.

Nei racconti veniva usato un classico strumento, quello dell’archetipo (dal greco archè, ovvero origine e typos, cioè forma), il quale ha carattere rappresentativo, poiché dà la possibilità ad un concetto originario di prender forma e di esser più facilmente compreso.


Ad esempio, nei film horror si trova spesso l’archetipo della donna sensuale legata alla morte, poiché l’eros (la passione) è da sempre legato a Thanatos (la morte), leitmotiv di questo genere cinematografico, come anche quello della vecchia strega cattiva.

Nei film d’avventura, invece, l’archetipo è rappresentato dalla giovane che deve essere salvata la quale poi, inevitabilmente, si innamora del suo salvatore.


Per molte culture l’archetipo più comune è quello dell’energia universale femminile, chiamata anche “Grande Dea” (o trio luminoso) rappresentata con tre immagini femminili:

Vergine – Madre – Vecchia o Strega


La figura archetipica della VERGINE è caratterizzata dall’energia dinamica della stagione primaverile ed è orientata al rinnovamento. Questa fase rappresenta la fase follicolare o pre-ovulatoria, è associata al colore bianco e alla luce della luna crescente. Infatti, dopo le mestruazioni, il corpo della donna si asciuga e viene investito da nuove forze.


La fase fertile è rappresentata, invece, dalla figura della MADRE, vista come una fertile nutrice dalle forme prominenti. Una donna nel pieno delle proprie energie creative, pronta a dare la vita, come l’estate, periodo in cui germoglia il grano e tutta la natura è giunta alla piena maturazione. Il colore di riferimento è il rosso, quello del sangue e della vita che pulsa.


La VECCHIA O STREGA è una figura femminile detentrice della saggezza, è colei che conduce verso i poteri del mondo interiore. Essa riflette l’oscurità della luna nera, la stagione più rappresentativa è l’inverno, quando tutto è spento.

Il termine strega veniva usato per indicare una donna il cui ciclo era terminato, perché si credeva che le donne, in questa fase, assorbissero il loro sangue mestruale ogni mese e che questo rendesse loro accessibile il proprio potere per la creatività, la magia e l’introspezione.


Il ciclo della donna dura 28 giorni circa (4 settimane), ed è, quindi incompleto senza una quarta fase quella della cosiddetta INCANTATRICE,aspetto nascosto della dea descritto separatamente dal trio luminoso, era la madre oscura e terribile. Questa è la fase post-ovulatoria, quella in cui le energie che non sono convogliate nel concepimento devono esser espresse all’esterno con tutta la carica emissiva di cui la donna dispone in questa fase. La stagione di riferimento è quella autunnale. La luna è nella sua fase calante ed è l’emblema del ritiro delle energie attive e visibili, a vantaggio di un’energia interiore magnetica, ovvero quella capacità che consente alle donne di sfidare ed incantare gli uomini.


I racconti rivelano la conoscenza di questo aspetto del femminile, dei ritmi esteriori e quelli interiori.



Analisi simbolica di alcune fiabe


BIANCANEVE


La madre di Biancaneve, mentre cucisce, osserva la neve che cade fuori dalla finestra in legno di ebano, si punge con l’ago e la goccia purpurea di sangue si staglia sul davanzale imbiancato dalla neve. Il sangue è così bello e vitale che la donna esprime il desiderio di volere una bambina con le labbra rosse come il sangue, la pelle bianca come la neve e i capelli neri color dell’ebano. Non a caso i colori sono quelli delle tre dee che rappresentano gli aspetti della vita della donna. e della sua fertilità.

La Madre di Biancaneve
simboleggia la fase della Madre, quella dell’ovulazione. Infatti, è in attesa della nascita della figlia. Alla sua morte subentrerà nella vita della ragazza la figura della matrigna
Grimilde che incarna la fase dell’Incantatrice, ovvero quella della donna bella e matura conscia dei suoi poteri magici femminili. Ha il ruolo dell’iniziatrice, di colei che distrugge la bambina, offrendole i poteri del ciclo mestruali, porgendole, non a caso, una mela dal colore rosso, simbolo di fertilità.

Biancaneveincarna la fase della Vergine, della fanciulla luminosa ingenua, buona e bella.

La Regina si trasforma in Vecchia, quindi in Strega, per porgere a Biancaneve una mela, non a caso, rossa, emblema del dono dei poteri del ciclo mestruale.

Dopo aver morso la mela avvelenata, la fanciulla cade addormentata e verrà svegliata dal principe con un bacio, simbolo dell’inizio di una vita di coppia, quindi dell’inizio dell’attività sessuale.


LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO


Alla corte di Re Stefano si festeggia la nascita della piccola principessa.

In occasione del Battesimo vengono invitate ai festeggiamenti le dodici donne più sagge del regno.

Il Re non invita la tredicesima donna, dato che il servizio di piatti d’oro è da dodici e quindi si dice porti male invitare a tavola tredici persone. Ogni donna porta dei doni speciali alla piccola, ma la festa viene interrotta dall’incursione furiosa della donna non invitata che profetizzerà la morte della fanciulla che avverrà al compimento del quindicesimo anno d’età, pungendosi il dito con il fuso di un arcolaio, la dodicesima donna che doveva ancora porgere il suo dono alla principessa non può annullare il maleficio, ma può far sì che la giovane anziché morire cadda addormentata, fino a quando il bacio del vero amore non verrà a svegliarla.

La tredicesima donna rappresenta l’anno lunare e il Re non invitandola impedisce al ritmo della natura di completare il suo ciclo. Come profetizzato dalla strega, l’inevitabile prezzo da pagare è la morte e l’interruzione della crescita.

Il Re, volendo annullare la profezia, fa bruciare tutti gli arcolai del regno.

L’arcolaio è simbolo del ritmo ciclico dell’universo e del progredire a spirale del filo della vita. Il Re tentando di far sparire dalla circolazione ogni arcolaio tenta allegoricamente di impedire alla figlia di crescere e di divenire donna grazie al ciclo mestruale.

Non a caso, al compimento del quindicesimo anno d’età (età in cui sopraggiungeva il menarca) si sente attratta verso la stanza di una torre in cui vi è una vecchia che è intenta a tessere. La fanciulla prova a filare e si punge, cadendo addormentata. La strega agisce come iniziatrice e il termine “pungersi il dito” simboleggia l’arrivo delle mestruazioni.

Questa fiaba, come avviene in altri racconti, simboleggia il passaggio dall’infanzia all’età adulta, ma nella Bella Addormentata il padre della fanciulla ostacola la crescita della ragazza col timore che una volta divenuta donna si stacchi dalla famiglia.


(Cfr. Miranda Gray, LunaRossa, 1994, Macro Edizioni.)
Immagine di Sabina Suman

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