Cancro al seno: prevenirlo realmente è possibile!

Il tumore al seno colpisce 1 donna su 8 nell’arco della vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29 per cento di tutti i tumori che colpiscono le donne. In Italia si ammalano 2500 donne all’anno, al di sotto dei 40 anni.

Ma cosa causa questa terribile malattia e c’è la possibilità di prevenirla realmente? 

Il famoso scienziato americano T. Colin Campbell, assieme al figlio Thomas M. Campbell, hanno condotto il più importante studio epidemiologico mai realizzato, durato 27 anni, con la collaborazione di varie università e pubblicato nel loro libro “The China Study“.

Con questo studio sono giunti a conclusioni davvero sorprendenti. Ecco ciò che è risultato dagli studi sul cancro al seno.   

Teoria genetica: veramente utile o un controproducente fatalismo?

Comprensibilmente, le donne che hanno più paura del cancro al seno hanno una storia familiare legata a questa malattia. La ricorrenza nella stessa famiglia implica che i geni sicuramente giocano un ruolo nella formazione di cancro al seno. Ci sono però troppe persone che affermano che è “ereditario” e che negano la possibilità che si possa fare qualcosa che sia di giovamento.

Questo atteggiamento fatalistico elimina il senso di responsabilità personale nei confronti della propria salute e limita drasticamente le opzioni a disposizione.

Un gruppo di ricerca ha riscontrato che meno del 3% di tutti i casi di cancro al seno è attribuibile alla storia familiare. Inoltre bisogna tenere presente che i geni devono essere “espressi” per partecipare all’evoluzione della malattia e l’alimentazione può incidere su questo processo. Ciononostante, il fatalismo genetico continua a improntare la mentalità delle persone.

Sostanze chimiche ambientali

Ci sono molti tipi diversi di sostanze chimiche nocive. Alcune di queste sostanze, fra cui le diossine e i PCB (policlorobifenili) persistono nell’ambiente perché non vengono metabolizzate una volta consumate e non vengono pertanto espulse dall’organismo. Di alcune di esse si è dimostrato che promuovono la crescita delle cellule cancerose, anche se ciò non è considerato un rischio significativo per i soggetti umani, purché evitino il consumo eccessivo di carne, latte e pesce. Di fatto, il 90-95% della nostra esposizione a queste sostanze deriva dal consumo di prodotti animali.

C’è un secondo gruppo di sostanze chimiche ambientali che sono normalmente ritenute importanti cause del cancro al seno e ad altri organi. Si chiamano IPA (idrocarburi ciclici aromatici) e si trovano nei gas di scarico delle auto , nelle esalazioni delle ciminiere, nei prodotti a base di catrame di petrolio e nel fumo di tabacco. A differenza di quanto accade con i PCB e le diossine, quando assumiamo gli IPA possiamo metabolizzarli ed espellerli. C’è però un inghippo: una volta metabolizzati, gli IPA danno origine a prodotti intermedi che reagiscono con il DNA per formare composti direttamente collegati con la formazione di un cancro. Questie sostanze, infatti, esercitano un effetto negativo sui geni del cancro.

Ricerche di laboratorio hanno, però, dimostrato che, dopo l’immissione nell’organismo di un potente agente cancerogeno, la rapidità con cui esso causa problemi dipende in gran parte dall’alimentazione. In parole molto semplici, seguire una dieta di tipo occidentale tende ad accelerare i tempi in cui le sostanze chimiche cancerogene si legano al DNA per formare prodotti che provocano il cancro.

Screening e prevenzione non nutrizionali

Con tutte le nuove informazioni riguardo al rischio genetico e alla storia familiare, le donne vengono spesso incoraggiate a sottoporsi a test diagnostici per la prevenzione del cancro al seno: una misura ragionevole, specialmente per le donne che siano risultate positive al test per i geni BRCA (i geni del cancro).

Tuttavia, è importante ricordare che fare una mammografia o sottoporsi a un test genetico per verificare se si possiedono i geni BRCA, per quanto importante e utile [Nota nostra] non significa attuare la prevenzione di cancro al seno.

Lo screening è una semplice osservazione di controllo per verificare se la malattia si sia evoluta fino a diventare osservabile.

Di conseguenza, se si ha un incremento del tasso di sopravvivenza, è perché le donne scoprono di avere il cancro in un momento anticipato nella progressione della malattia, e non perché le terapie siano migliorate nel tempo.

Attualmente, alle donne ad elevato rischio di cancro al seno vengono offerte tre opzioni: controllare e aspettare, assumere il tamoxifeneper il resto della vita o sottoporsi a mastectomia (asportazione chirurgica di uno o entrambi i seni).

Dovrebbe essercene una quarta: consumare una dieta priva di cibi di origine animale e a ridotto contenuto di carboidrati raffinati, sostenuta da un monitoraggio regolare per i soggetti a rischio elevato.

Il tamoxifene, ad esempio, – uno dei medicinali più conosciuti per la prevenzione del cancro al seno – e i suoi più recenti analoghi, sono considerati farmaci antiestrogeni, perché riducono l’attività dell’estrogeno, che si sa essere associato a un elevato rischio di cancro al seno. Ma come mai non ci chiediamo, anzitutto, perché i livelli di estrogeno siano così elevati e, una volta che ne riconosciamo l’origine alimentare, correggerne la causa?

Oggi siamo in possesso di informazioni sufficienti a dimostrare che una dieta a basso contenuto di proteine di origine animale e di grassi e ad alto contenuto di cibi naturali di origine vegetale porta a ridurre i livelli di estrogeno.

Ma invece di suggerire il cambiamento dietetico come soluzione, spendiamo centinaia di milioni di dollari per sviluppare e pubblicizzare un farmaco di cui non si conosce bene l’efficacia ma che quasi sicuramente ha effetti collaterali indesiderati.

Fattori di rischio reali e prevenibili

Almeno quattro importanti fattori di rischio per il cancro al seno sono influenzati dall’alimentazione. Molte di queste correlazioni sono state confermate dallo Studio Cina dopo essere state accertate da altre ricerche scientifiche:

Il rischio di cancro al seno aumenta quando una donna ha:

  • menarca (prima mestruazione) in età precoce
  • menopausa in età avanzata
  • alti livelli di ormoni femminili nel sangue
  • elevati livelli di colesterolo endogeno

Una dieta a elevato contenuto di cibi animali e di carboidrati raffinati:

  • anticipa l’età del menarca
  • ritarda l’età della menopausa
  • aumenta i livelli di ormoni femminili
  • aumenta i livelli di colesterolo endogeno

Con l’eccezione del colesterolo endogeno, questi fattori di rischio sono variazioni sullo stesso tema: l’esposizione a un eccesso di ormoni femminili.

L’idea che il cancro al seno dipenda essenzialmente dall’esposizione all’estrogeno ha importanti conseguenze perché la dieta ha un ruolo primario nel determinare l’esposizione a questo ormone; ne deriva che il rischio di cancro al seno è prevenibile se consumiamo cibi che tengono sotto controllo i livelli di estrogeno.

Una recente ricerca si è rilevata particolarmente degna di nota.
Parecchi ormoni femminili che aumentano con l’inizio della pubertà sono stati ridotti del 20-30% (e i livelli di progesterone addirittura del 50%!) semplicemente facendo seguire per sette anni, a un gruppo di ragazze di età compreso fra gli otto e i dieci anni, una dieta a contenuto di grassi e di cibi di origine animale moderatamente ridotto. Si tratta di risultati straordinari perché sono stati ottenuti con un modesto cambiamento dietetico in un periodo critico nella vita di una ragazzina, quando si gettano i primi semi del cancro al seno. E’ da pensare che, seguendo un regime alimentare privo di cibi di origine animale, a partire da un’età più giovane, i benefici siano ancor maggiori, compresi un ritardo della pubertà e un rischio ancora minore di cancro al seno in epoca successiva.

La triste realtà è che la maggior parte delle donne ignora questo dato scientifico. Se queste informazioni venissero adeguatamente diffuse da agenzie sanitarie responsabili e credibili, molte più giovani donne potrebbero intraprendere passi molto concreti ed efficaci per evitare questa terribile malattia.

Liberamente tratto da “The China Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell


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